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domenica 20 giugno 2010

Gatti, dashi e mangiatori di patate: Amsterdam


Ad Amsterdam c’ero già stata, anche se solo per una toccata e fuga di un paio di giorni. Ma c’è una cosa strana, a tornare in qualsiasi città; basta un itinerario diverso, punti di vista leggermente spostati e la cartolina mentale che avevi del posto in questione ti si frantuma in mille pezzi.
Del rischiare la vita passeggiando sulle piste ciclabili me lo ricordavo - però quando inforchi la bici anche tu, provi un sottile piacere nello scampanellare al turista col naso per aria ☺ -.
Del museo Van Gogh, come dimenticarsi (e qui lancio una personale obiezione al Ministero della Cultura olandese: nessuna riduzione per studenti né gruppi? mah). Per poi scoprire che tutte le tele sono state vetrate… con conseguenti acrobazie/borbottii di disappunto per godere della visuale antiriflesso giusta. Ri-mah.


Mi ero invece persa l’alta percentuale di popolazione felina: non c’è finestra, hall di albergo, ristorante in cui non si affacci mollemente il gatto di casa, grigio o rosso. In alcune zone spuntano malinconiche sentinelle ad ogni finestra, che un vero fotografo ci avrebbe già inventato un calendario a tema (probabilmente esiste). E poi la luce tagliente, marziana, di questo periodo dell’anno: ci si gode il tramonto delle 22.30, ed anche col cielo velato gli occhi reclamano un occhialetto protettivo. Nei panni del vero fotografo di prima, azzardo che questo tipo di luce potrebbe essere perfetto per scattare, specialmente nel tardo pomeriggio.

Ultima chicca, almeno per me, è stata la riconciliazione con le frietjes, le patatine fritte. In effetti cosa potevo aspettarmi da una cucina in cui i tuberi sono componenti essenziali (vedi anche alla voce stamppot)?
Forse perché le associo al fast food, o al luna park con l’odore misto di frittelle e zucchero filato, o perché certi tormentoni d’infanzia crescendo non sembrano più così speciali, fatto sta che mi sono gustata dopo anni di felice astinenza delle patatine fritte con tutti i crismi; ben cotte anche dentro, croccanti, evidentemente non provenienti da bustone surgelate.
Questo ed altri miracoli nelle note mangerecce sparse di seguito:
Affamati dopo le visite ai vicini musei (Van Gogh, Rijksmuseum, Stedelijk) ma dubbiosi rispetto ai baracchini di hot dog della zona? Questa enoteca-gastronomia ha ristorato i nostri stomacini mediterranei, indeboliti da due giorni di panini, salse e strane mescolanze oriental-olandesi con una scelta di insalate e taboulé da asporto, salumi e formaggi anche stranieri, pani con ogni sorta di farina e semino, macedonia (il grassetto ci sta tutto). Se poi è bel tempo ci si può svaccare sul prato del Museumplein e far finta di prendere il sole. Detto tra noi, meglio non sottovalutate il sole del nord, qualcuno è riuscito ad ustionarsi il viso nel corso di mezza giornata in bici.

Se si supera lo scoglio del nome impronunciabile, questo localino è davvero grazioso. Atmosfera vagamente parigina, cucina in parte a vista, piatti prevalentemente di carne con qualche guizzo creativo: la mia porzione faraonica di antipasto (una simil-tarte tatin di spinaci e chèvre al miele e mandorle) mi ha lasciato spazio solo per una fetta di torta di mele con gelato alla vaniglia, altrettanto faraonica nella quantità. Ecco, questa è un’altra cosa che non ricordavo di Amsterdam: dai pancakes agli spare ribs alle patatine fino ai dessert, le porzioni sono gigantesche. Sempre.
Forse uno dei più recensiti sulle guide della città, visto l’affollamento di locals e turisti. Non del tutto a torto: le foto delle mamme che danno il nome al locale tappezzano le pareti in mille cornicette portate dai clienti, ed anche nella mise en place regna l’anarchia: all’inaugurazione ogni avventore portò il proprio piatto e bicchiere, da allora in possesso del locale. Risultato, un meraviglioso pout-porri di stoviglie. Per quanto riguarda il cibo, meglio buttarsi sul misto tipico (acc non ricordo il nome) comprendente stufato, stampoot e verdure e lasciar stare i piatti creativi.
Dolci pollice verso: il nostro “crumble” era una sorta di zuppetta di crema dove navigavano sparute briciole inzuppate e pezzetti di frutta.
Consigliata la prenotazione.
4-Noordermarkt_nell’omonima piazza antistante la Noorderkerk, ogni domenica h 9-15
Senza saperlo, siamo capitati in zona proprio durante l’apertura del mercato. Ho ragionato sulla resistenza che poteva avere una cassa di splendido rabarbaro nel mio bagaglio a mano, e piangendo ho desistito ☺ Oltre agli ortaggi e frutta, in questo farmer’s market si vendono pani di ogni ordine e tipo, formaggi tipici, funghi (stesso discorso del rabarbaro con gli shiitake freschi), salumi.

Forse quello che ho preferito tra tutti, anche per il motivo delle frietjes prima citate. Atmosfera fresca e luminosa, pareti chiare e l’immancabile gatto. Cucina olandese non troppo carica né affogata di salse, un menù giornaliero esposto in lavagna più le basi fisse. E’ anche sala da the.
Nota a margine: forse per la grande apertura e curiosità riguardo alla cucina estera, quasi ogni locale seppur tipico (compreso questo) propone qualcosa di speziato e vagamente orientaleggiante, o ancora spopola la “pesto sauce”. Ho preferito astenermi.

Il caffè che vorrei avere sotto casa per leggere o studiare, per l’atmosfera vintage e rilassata. A metà pomeriggio, una tazza di the e torta di mele sui tavoli azzurrini di fòrmica ci stanno a meraviglia, anche perché la temperatura tendeva ancora al freschino, e magari ci scappa pure un giretto nel vicino negozio di abbigliamento e oggetti d’epoca (ammetto, sono malata).
Proseguendo ancora per la bella Zeedijk, lo spirito da gastrofanatici non resisterà ad una visita da Dun Yong – strepitosa dritta da Comida- per ogni accessorio da cucina e materia prima per la cucina orientale. Avrei rapinato il settore delle ceramiche giapponesi da tavola.
Sulla via si incontra anche un tempio buddista e numerosi ristoranti cinesi, indonesiani e vietnamiti (questi, sì, gestiti da orientali!)

Ultimo consiglio: anche se non pedalate da dieci anni, forzatevi ad affittare la bicicletta -coi freni normali magari-per almeno una giornata. La prospettiva della città si sposta anche così.

mercoledì 12 agosto 2009

Giorni vacanzieri :)


Qualche cartolina da...beh è difficile indovinare con così pochi indizi, ma non c'è migliore soddisfazione di sentirsi al contempo a casa ed anche un pochino in Francia.



...mais c'est la Côte d'Azur, bien sûr!



...campo base a Mortola Inferiore, meno di 10 km dal confine francese. Con prepotente naturalezza viene fuori anche in vacanza la food stylist che c'è in me ihih :)



Un infastidito indigeno Mortolese/Mortolano....



martedì 14 aprile 2009

Sole. Amici. Pasquetta

Dopo una settimana e più di silenzio, dovuta ai recenti avvenimenti in Abruzzo che mi hanno decisamente stretto la mente, il cuore e  lo stomaco, un rapido flash su una splendida giornata di riposo, pace e cazzeggio al sole di Varazze. La prima dopo parecchio tempo.

lunedì 29 dicembre 2008

Macaron, il primo morso non si scorda mai

Beurre salèe caramel macaron

Croccante fuori, morbido dentro...anche se sembra l'imitazione di uno spot di qualche anno fa, sceglierei queste parole per descrivere in poche parole un macaron a qualcuno che non l'abbia mai assaggiato. Ma c'è di più: su questo petit four tradizionale, negli ultimi anni tornato in voga anche attraverso i foodblog, si sono scritti libri interi. Così fragili e di delicata preparazione, eppure così indimenticabili per chi li prova.
Storicamente, a Parigi i macarons SONO Ladurée: la maison, fondata a metà Ottocento, incute il rispetto proprio dei "mostri sacri" della pasticceria francese, eppure proprio per questo secondo me il personale presta meno cura e cortesia al cliente, quasi a dire "tanto in ogni caso siamo i più famosi e gettonati lo stesso". Un po' intimorite dagli stucchi scintillanti della fastosa boutique di rue Royale, io e Simona entriamo e, in due secondi netti, la commessa chiede se abbiamo già deciso quale dolce prendere. Di macarons in vista, nemmeno l'ombra, ma ci viene indicata la lista plastificata su cui scegliere (ehm..). In sottofondo, il discreto caos della sala da tè dove molti avventori stanno pranzando. Insomma, uno spazio piccolo e sacrificato per i dolci, e ancora peggio per i clienti. Peccato. Usciamo con un Paris-Brest (io) e una millefoglie splendida (Simona) più 6 piccoli macaron.
Ladurèe
Ladurèe macarons (vanille-fleur d'orange)
Nulla da dire sui dolci (a parte la crema del Paris-Brest che era un po' troppo "ferma", poco cremosa). I macaron, a parte la scarsità di ganache all'interno, avevano una consistenza perfetta ma in alcuni casi non se ne riusciva a riconoscere il gusto (quello ai fiori d'arancio ad esempio, molto colorante ma ben poco aroma!). Ottimo quello alla vaniglia.
Ovviamente, avendo in programma un test di pasticceria al giorno , non si poteva evitare Sadaharu Aoki e soprattutto Pierre Hermé. Sono rimasta impressionata dalla precisione e del senso di minimalismo e ordine della boutique di Aoki (d'altronde propri della cultura giapponese): abbiamo consumato le nostre monoporzioni su un tavolino basso, in splendidi piatti quadrati in vetro dove il dolce, posto con religiosa cura (e guanti in lattice indossati al momento!)! dalle commesse, era ESATTAMENTE in posizione parallela ai margini, non un millimetro in più nè uno in meno, accompagnato da un bicchiere d'acqua (come per le degustazioni). Tutto perfetto, inaccepibile, chirurgico. Io ho testato un dolce di cui malauguratamente non ricordo il nome, ma gli esperti lo riconosceranno dalla foto, che alternava pasta di sesamo nero a un biscuit al the verde matcha e altri di chantilly (credo).
Sadaharu Aoki
Splendido come alternanza di consistenze e sapori inconsueti, meno entusiasmanti i fagioli rossi azuki contenuti nel rotolo al matcha provato successivamente (ma è solo gusto personale).
Ma veniamo al dunque, ovvero Hermé. Dopo tante recensioni, pareri e commenti strabiliati da tutto il mondo, non potevo che entrare nella piccola boutique di rue Bonaparte in religiosa ammirazione. Già solo l'ambiente, minimale ed elegante, sottolinea che i veri protagonisti sono LORO, i dolci. I commessi, giovani molto eleganti (e alcuni davvero degni di nota!) in divisa nera, sembrano tante macchinette operose e precise nel loro salutare, chiedere, inscatolare e servire. Il tutto lasciando il tempo al cliente di riprendersi dalla visione mistica e fare la propria scelta. Premesso, in quei giorni la collezione Fetish era "Infiniment vanille", forse quella che più di tutte mi attirava. Ergo, senza troppe esitazioni, due tartelettes della sopracitata collezione per noi, più sei macarons.
Infiniment vanille tartelettes
Marron and green tea macaron
Credo di poter affermare che quella tartelettes rimarrà il ricordo più indelebile nella mia mente: mai assaggiato nulla di più, di più..non ho nemmeno le parole per descriverlo...semplicemente divino! Dopo il primo morso, io e Simona ci siamo guardate, senza parole! Parlando di macarons, le farciture di ganaches sono più generose rispetto a Ladurée, e soprattutto i sapori sono definiti (comica la mia reazione addentando quello alla nocciola Piemonte e tartufo!). C'è l'innovazione di abbinamenti particolari, come in quello ai marroni e the verde, ma le basi della preparazione rimangono solide e perfette: i gusci crocanti e teneri all' interno, il sapore mai troppo stucchevole. E pensare che io non amo gli impasti "meringosi"! Inutile dire che, tornate il giorno seguente, abbiamo testato gli ultimi sei gusti che mancavano all'appello: nella mia classifica vince quello alla rosa, seguito dal Mogador (cioccolato e frutto della passione) e da quello al caramello al beurre salée. Ancora una volta, grazie ai foodbloggers che mi hanno fatto conoscere questo angolo di paradiso a Paris! Oltre che per la sua atmosfera da sogno, per la sua storia, per i suoi abitanti, credo che questa città rimarrà sempre nel mio cuore anche per la sua cultura gastronomica (e che scoperta!), giustamente valorizzata molto più di quanto non si faccia con quella italiana, altrettanto ricca e meritevole. 

lunedì 8 dicembre 2008

Shopping gourmande, ovvero come fare fuori i regali natalizi a novembre!

Shopping gourmande


Continuando con il report dei giorni parigini, un capitolo a parte merita la giornata di shopping tutto culinario che mi ha visto, come in preda di un raptus, visitare una serie di almeno 5 negozi a tema con una media di un'ora per negozio!
Nelle mie visite precedenti alla Ville Lumiére, ancora ignara della mia futura passione culinaria, probabilmente ero già passata davanti all'enorme vetrina verde bottiglia di Dehillerin  e magari mi ero anche soffermata con curiosità, ma senza entrare. Questa volta, supportata dall'enorme pazienza di Simona (che si è fatta quasi contagiare dal mio raptus) sono entrata nella caverna delle meraviglie: dal pavimento all'alto soffitto, disposti su vecchi ripiani in legno e appesi con spaghi, ci sono tutti gli utensili che si possano immaginare; l'impressione è un po' quella di un enorme ferramenta dove tutto è catalogato in ordine con etichette e codici, e commessi di una certa età portano camici blu. Dalle pentole in rame stagnato ai cercles à tarte della foto di cui mi sono subito impossessata, dai coltelli ai chinois di ogni dimensione, c'è veramente di tutto. I prezzi, essendo un fornitore per professionisti, sono bassi ma bisogna aggiungere le tasse (una specie di IVA). 1° bottino: una spatola angolata, 4 cerchi per tartelettes più uno grosso, uno stampo quadrato per mousses, un tappetino Exopat, due forchettine per praline (per la copertura).
Dehillerin window
Seconda tappa, molto vicina alla precedente (come sempre a Parigi: i negozi di articoli simili tra loro sono tutti raggruppati): Simon. Più "ordinario", piccolo e moderno del precedente nell'impostazione degli spazi, ma qui si trovano in aggiunta anche contenitori monouso (verrines in plexiglas, sottotorta, pirottini) ed elettrodomestici (compreso l'aerografo per cioccolato). Persino i taglieri in marmo per il temperaggio del cioccolato... 2°bottino: un pacchetto da 100 pirottini col bordo rigido, per me introvabili a Genova.
Mora
Poi Mora: nonostante le origini antiche, un grande negozio moderno e fornitissimo di utensili, recipienti, contenitori in carta usa-e-getta per dolci (purtroppo disponibili solo in confezioni intrasportabili), coloranti e decorazioni-miniatura in zucchero veramente stupende. Momento comico quando il giovane commesso in camice bianco che correva da una parte all'altra del negozio (assumere qualcun'altro no?) ha letteralmente travolto una cliente! Poi, trafelato, arriva uno chef in tanto di divisa che aveva urgentemente bisogno di non so quale materiale...senza far perdere il buonumore al titolare! 3°bottino: un pacco che non smaltirò in una vita di 200 piccoli sottotorta dorati per tartelettes (me ne ero innamorata in una pasticceria appena testata).
Labels
4° tappa obbligata: Librairie gourmande. Letteralmente un paradiso: solo libri di cucina ed il piano superiore dedicato interamente a boulangerie e patisserie! Dalla manualistica per gli studenti e apprendisti fino "alle bibbie" di Pierre Hermè e Paco Torreblanca, veri e propri mattoni! La titolare, che all'inizio sembrava spazientita dal nostro continuo sfogliare, appena abbiamo iniziato a chiederle consigli ha iniziato a tirare fuori libri su libri, spigando le caratteristiche di ognuno (se era più tecnico e più di immagine, ecc). PH10 ovviamente sfogliato ma escluso in partenza per il peso ed il costo (sigh). Dopo una difficile decisione, ho optato per un volume di Stèphane Glacier, che da oggi rientra nella lista dei pasticceri preferiti: questo. All'interno, oltre alle solite foto spettacolari, anche le sequenze per immagini della preparazione e il disegno-schema della composizione. Dettagli precisi, le ricette base in fondo...non potevo non prenderlo! Ovviamente ero tentata anche dall'ultima uscita di Hermè sui macarons, ma il portafoglio dava già segni di cedimento! In aggiunta, in un'altra libreria, avevo già preso il "Larousse des desserts"...
Detou window
Immancabile Detou: contrariamente alle aspettative molto piccolo, ma con tutto ciò che serve (specialmente l'introvabile cioccolato Valrhona) e soprattutto con prezzi irrisori per quanto rigurda frutta secca e spezie. Unica brutta sorpresa: le coperture Valrhona esistevano solamente in pacchi da 3kg, di nuovo troppo pesanti! Il costo era ottimo, ma moltiplicato per 3 kg iniziava ed essere tantino, così ho optato per una copertura monorigine di Cacao Barry ( "solo" 1kg) ed un Valrhona per ganache e altri usi (altro chiletto). Oltre a ciò: una provetta da sei bacche di vaniglia Madagascar, farina di nocciole, vasetto di fave tonka (il profumo è strabiliante, era da un po' che la cercavo), sfogliette di crepes dentelles.
Infine, la Grande Epicerie de le Bon Marchè: di nuovo aspettative sconvolte. Già visualizzavo uno dei soliti negozietti-gioielleria con confezioni di Fauchon e foie-gras per pochi eletti. Passando davanti alle porte ci accorgiamo che l' Epicerie ha tutto l'aspetto (e le dimensioni) di un grande magazzino a sè stante: veramente una meraviglia! L'organizzazione è quella di un supermercato con corsie e scaffali, reparto freschi e confezioni, banco del pane, dei dolci, dei tè, di qualsiasi cosa! Si viene presi da una certa frenesia, e con l'idea di svaligiare letteralmente tutto, si inizia a tentare un percorso sensato tra gli scaffali. Tutto inutile, adocchio il reparto del sale e poi rimbalzo a quello dei sablè bretoni, uno sguardo ai vini e birre dello sperduto monastero, uno ai pain d'epices e speculoos, poi di nuovo al cioccolato (qui solo confezioni e tavolette però). I prezzi, confrontandoli con quelli di alcuni supermercati della città, erano identici. I prodotti stranieri ovviamente più cari, ma già quelli francesi bastavano e avanzavano decisamente! Potendo conservarli, avrei fatto un giro anche al banco dei formaggi e dei latticini. Alla fine mi sono decisa per: melange di 4 spezie, fleur de sel di Guerande,  cioccolato e biscotti per parentado, estratto di caffè.
Lascio a voi immaginare a fine giornata le mie braccia (altro che palestra!) e le mie finanze....:) 

Indirizzi:
Dehillerin 18-20, rue Coquillière
A. Simon 48-52, rue Montmartre
Mora 13, rue Montmartre
Librairie Gourmande 92-96, rue Montmartre
Detou 58, rue Tiquetonne
La Grande Epicerie 38, rue de Sèvres

giovedì 4 dicembre 2008

Il mattino ha l'oro in bocca

Petit dejeuner
Chausson au poire e clafoutis au pommes

Nel delirio generale delle mie foto, ho scelto di iniziare il racconto dalle basi, ovvero PANE (e boulangeries in genere). Dunque, il discorso sarebbe sterminato parlando della Francia, dove fare il pane è più che un mestiere: quasi un'istituzione la baguette fasciata nella carta sotto il braccio dei parigini! Nel mio viaggio ero in compagnia di Simona, una carissima amica di Torino, con cui condivido mestiere e passione per il buon cibo, beh e per i dolci manco a parlarne...

Con un'organizzazione degna di un tour operator, abbiamo programmato tutte le visite gastronomiche in modo da vedere, provare, commentare più posti possibili (ovviamente sulla base dei consigli dei blog che seguo, in primis Sigrid che in proposito aveva pubblicato una splendida
guidina su Parigi). Essendo la mia terza volta a Parigi non avevo il "dovere" di tutte le classiche visite turistiche, e mi sono invece gustata con calma tutte le viuzze di St Germain de Près, i negozi particolari sparsi nel Marais, o i posticini un po' nascosti. Poi ovviamente shopping selvaggio, finchè il mio portafoglio ha dato forfait (circa il terzo giorno)!

Dunque, la nostra provvisoria residenza era in rue Oberkampf, nell' 11 arrondisment, una zona che non avevo mai esplorato. Il quartiere è molto "familiare": molti negozi di alimentari (immancabili i pakistani e cinesi aperti fino a tardi), un mercato domenicale nel vicino boulevard, bar. Ovviamente lontano come atmosfera dalle zone più chic, ma molto carino. E soprattutto, almeno cinque boulangeries nel giro di 100 mt! Quindi la prima mattina, colazione sotto casa con i due soggettini della prima foto. Purtroppo non mi sono appuntata questo primo indirizzo! Molto buono lo chausson (traduzione letterale: calzone), il clafoutis a detta di Simona non eccezionale, forse un po' troppo cotto.

Poilane

Non poteva mancare Poilâne: mi aspettavo trionfi di mille pani diversi e conditi, grandi ambienti, invece la piccola e quasi timida vetrina ispira aria di semplicità, come a dire: qui ci sono poche cose, ma buone! Appena entrate una delle tre carinissime signore presenti ci ha offerto dei frollini da una enorme cesta, poi la mia scelta è caduta sul pain chocolat, che era il dolce fisso di quando, coi genitori, vidi Parigi per la prima volta (potere del cioccolato).

Petit dejeuner chez Poilane

Da notare il classico involtino di carta arrotolato agli angoli che sostituisce il classico sacchetto di carta nostrano. Che dire, la sfoglia era SFOGLIA! Tutti i pani e panbrioche del negozio ispiravano molta fiducia e l'odore, beh, unico. Peccato non esserci tornate, ma c'erano così tanti posti da provare!

Pain au chocolat

Tutta un'altra questione da Eric Kayser: di nuovo grande cura delle basi lievitate ma molte più varietà di pane, ai fichi, alle noci, olive, uvetta, qualsiasi tipo di cereale...peccato solo per l'atmosfera meno cordiale rispetto a Poilâne, un po' da "catena" di negozi come in effetti è. Con tanto di coda fuori! Magari abbiamo beccato solo noi il commesso frettoloso...resta il fatto che il pane (abbiamo provato panini all' uvetta ed ai cereali) è veramente ottimo. Morbido, ben lievitato, niente affatto pesante. Credo di non aver praticamente mai mangiato del pane così qui a Genova (che scoperta, eh?)
Nei giorni successivi le nostre colazioni si sono svolte regolarmente in un'altra boulangerie (Gana) sotto casa, che ha inaugurato il giorno dopo il nostro arrivo: la cosa strabiliante è che una parte di laboratorio era stata lasciata a vista, dietro pareti in vetro, e quindi mentre sceglievo cosa sgranocchiare sbirciavo il ragazzo che formava le baguettes della giornata. La padrona che serviva poi, gentilissima ogni giorno a sopportare le nostri comprensibili indecisioni!
Indirizzi:
-Poilâne, 8 rue du Cherche-Midi
-Eric Kayser, 14 rue Monge
-Gana, rue Oberkampf incrocio rue Jacquard (non ho il numero civico!)
Prossima puntata: acquisti culinari!

They wait outside

Quelli che..apettano fuori dalle boulangerie!

martedì 2 dicembre 2008

Peracotta is back!

Cafè

Solo un assaggio dell'atmosfera magica di Paris che ogni volta riesce a stregarmi...nei prossimi giorni seguirà report dettagliato di tutti i tour e le spese (g)astronomiche. A bientot!