Un bel weekendino pieno, non c'è che dire! Ho fatto per la prima volta la mia incursione a Slowfish. Considerando che non sono mai stata al Salone del Gusto torinese, già girare per stand e poter confrontare, scoprire ed assaggiare prodotti mi sembra fantastico come per una scolaretta in gita! Unica nota di demerito: a parte i molti operatori del settore (giornalisti, chef, appassionati ecc) mi sembra sempre che per molta parte del "grande pubblico" questi saloni si traducano un po' in "andiamo a magnà". L'intento primario di questo evento è certamente migliorare la consapevolezza dei consumatori per tutto ciò che riguarda il mercato ittico, ma allora perché sento gente che mi dice: "Sì bello però l'anno scorso c'era più roba da assaggiare" ?!?
Mi sembra utilissimo che le scolaresche vengano in contatto con realtà come queste, però per gli adulti frequentatori di mercati (come me), oltre alle conferenze tematiche ed alle spiegazioni di qualche produttore agli stand, resta solo l'opuscoletto "Mangiamoli giusti" che ho trovato (e dovuto richiedere) alle casse. Densissimo di informazioni, certamente.
Non avevo la minima idea (chissà perchè nel nostro immaginario gli unici pesci carnivori sono gli squali!) che per produrre 1 Kg di salmone allevato, in alcune zone del mondo venissero pescati 5 Kg di pesce, usato come foraggio! O che le scorie dello stesso allevamento intensivo inquinassero le acque al pari di una piccola città. Però poi dando una scorsa ai menù dei ristoranti delle nostre città, alzi la mano chi non trova almeno un tonno, salmone, pesce spada! Basta guardare al dilagare della sushi-mania...Come non avevo idea che, sui banchi del pesce, i numerini sulle targhette indicano la provenienza del pescato: il nostro "numero magico" (mar Mediterraneo) è il 37.
Altre buone scoperte, gli allevamenti (questi sì) certificati e controllati da cui si ottengono buone trote (Apiam, Piemonte) oppure orate e branzini. Mi sono letteralmente caricata di depliant.
Iniziativa strameritevole (e godereccia) i Panini d'aMare, rilancio di uno "street food" di casa nostra decisamente sano: quella cosa dal nome spaventoso, brandacujùn, altro non è che una purea di patate, baccalà, olio, prezzemolo, olio ed aglio. E pure essendo ligure, mea culpa non la conoscevo. Ed il pane scuro di cui si scorge un pezzetto a sinistra (Marocca di Casola, Lunigiana, scoperto tra i presidi Slowfood sul libretto dedicato)...un aroma tendenzialmente dolce di castagna che, sorpresa, contrasta bene con la bottarga di muggine (tanto per essere campanilisti, il resto del pane era di Triora!)
L'ultima foto mi ha davvero fatto sorridere :)
bello Annies! grazie perchè ne hai data un'idea vivida e concreta almeno a me che ero molto curiosa di saperne (ma da dentro!) e il tuo modo di guardare intorno mi sembra simile a quello che avrei avuto io... chissà forse l'anno prossimo ce la faccio a venire.
RispondiEliminaSpero di riuscire a conoscerti (vi) prima del prossimo Slowfish, che purtroppo è biennale!
RispondiEliminaA presto
Già in flickr avevo ammirato le foto, mi piace molto anche il racconto. Come Maite, spero di non mancare la prossima edizione. Ciao, buona giornata
RispondiEliminache begli scatti e il racconto che gli accompagna trasporta direttamente in quell'atmosfera che hai vissuto in prima persona
RispondiEliminaGrazie
Un bacione
fra
Maite è più brava di me con le parole ed ho avuto le sue stesse sensazioni.. grazie.
RispondiEliminaLa vita è strana, a volta con una sola foto, una frase ci si senta di avere delle affinità con le persone. Anche io spero che ci conosceremo presto.
bellissimo post, mi e` piaciuto molto il tuo sguardo tra gli stand
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