giovedì 30 aprile 2009

Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma, ovvero l'arte del riciclo


Ahiahi..più di una settimana che diserto. In un certo senso scrivere qui è più di un passatempo, è il mio angolino dolce al quale non riesco a rinunciare ed al quale penso ogni volta che cucino, fotografo e..assaggio! Il guaio è, come al solito, che in testa ho mille idee, programmi e progetti. Forse troppi. E' un periodo strano questo. Alternanze di lavoro pressante e nullafacenza, alternanze di diluvi e sole splendente, alternanze di umori (ma quello non è una novità :).

Con una certa regolarità ultimamente preparo alcuni dolci che in certi momenti fanno sembrare la mia dispensa molto simile all'antro dell'alchimista, in quanto ad avanzi: una quantità folle di albumi, un pugno di impasto per crumble, mezza confezione di robiola (aperta)...in coincidenza di ciò, il Cavoletto prepara una splendida torta di mele vintage, il tempo sembra tendere all'autunno ed io, tanto per cambiare, ho voglia di dolci soffici e coccolosi. Risultato:la torta di recupero. Vabbè che è davvero necessario impegnarsi per sbagliare una torta di mele, però questa, nata per caso, è vicina a diventare la MIA torta di mele preferita. Somiglia vagamente al pain d'epices (per la farina di segale e la miscela di spezie). Ed è pure piuttosto dietetica, se proprio dobbiamo fare i pignoli. Ultima cosa, per chi si fa prendere come me dalla malinconia delle ultime piogge, questa è davvero una canzone meravigliosa.



Torta di mele di recupero
zucchero 60g
zucchero di canna Mascobado 60g
farina di segale 50g
farina integrale 70g
farina 00 60g
albumi 4
uova 1
burro 25g
robiola 50g
mele golden 3
latte 2 cucchiai
scorza di mezzo limone
spezie miste per pain d'epices* 2 cucchiaini
lievito per dolci
sale


*miscela composta da: anice verde, anice stellato, cannella, zenzero, cardamomo, chiodi di garofano, pepe nero, coriandolo. Ovviamente in mancanza sostituirla con le spezie preferite, ma questa ha davvero un che di mistico ed inebriante, a mio gusto.

Preriscaldare il forno a 170°. Battere con le fruste gli albumi assieme all'uovo intero ed ai due zuccheri, finchè il composto sia gonfio e spumoso. A parte fondere a bagnomaria il burro col latte, unirvi la robiola e mescolare bene. Sempre usando le fruste unire i due composti. Aggiungervi poi la miscela di farine setacciate con le spezie, il lievito e la scorza di limone. Versare il composto in una teglia imburrata non troppo larga ed affondarvi, belle strette e vicine tra loro, le mele a fettine sottili formando cerchi concentrici. Infornare e cuocere, statico, per circa mezz'ora finchè sia bella dorata ed il profumo di spezie si faccia sentire in tutta la casa :)


martedì 21 aprile 2009

Di pesci lenti, stoccafissi e allevamenti


Un bel weekendino pieno, non c'è che dire! Ho fatto per la prima volta la mia incursione a Slowfish. Considerando che non sono mai stata al Salone del Gusto torinese, già girare per stand e poter confrontare, scoprire ed assaggiare prodotti mi sembra fantastico come per una scolaretta in gita! Unica nota di demerito: a parte i molti operatori del settore (giornalisti, chef, appassionati ecc) mi sembra sempre che per molta parte del "grande pubblico" questi saloni si traducano un po' in "andiamo a magnà". L'intento primario di questo evento è certamente migliorare la consapevolezza dei consumatori per tutto ciò che riguarda il mercato ittico, ma allora perché sento gente che mi dice: "Sì bello però l'anno scorso c'era più roba da assaggiare" ?!? 

Mi sembra utilissimo che le scolaresche vengano in contatto con realtà come queste, però per gli adulti frequentatori di mercati (come me), oltre alle conferenze tematiche ed alle spiegazioni di qualche produttore agli stand, resta solo l'opuscoletto "Mangiamoli giusti" che ho trovato (e dovuto richiedere) alle casse. Densissimo di informazioni, certamente. 

Slowfish, Genoa

Non avevo la minima idea (chissà perchè nel nostro immaginario gli unici pesci carnivori sono gli squali!) che per produrre 1 Kg di salmone allevato, in alcune zone del mondo venissero pescati 5 Kg di pesce, usato come foraggio! O che le scorie dello stesso allevamento intensivo inquinassero le acque al pari di una piccola città. Però poi dando una scorsa ai menù dei ristoranti delle nostre città, alzi la mano chi non trova almeno un tonno, salmone, pesce spada! Basta guardare al dilagare della sushi-mania...Come non avevo idea che, sui banchi del pesce, i numerini sulle targhette indicano la provenienza del pescato: il nostro "numero magico" (mar Mediterraneo) è il 37. 
Altre buone scoperte, gli allevamenti (questi sì) certificati e controllati da cui si ottengono buone trote (Apiam, Piemonte) oppure orate e branzini. Mi sono letteralmente caricata di depliant.
Iniziativa strameritevole (e godereccia) i Panini d'aMare, rilancio di uno "street food" di casa nostra decisamente sano: quella cosa dal nome spaventoso, brandacujùn, altro non è che una purea di patate, baccalà, olio, prezzemolo, olio ed aglio. E pure essendo ligure, mea culpa non la conoscevo. Ed il pane scuro di cui si scorge un pezzetto a sinistra (Marocca di Casola, Lunigiana, scoperto tra i presidi Slowfood sul libretto dedicato)...un aroma tendenzialmente dolce di castagna che, sorpresa, contrasta bene con la bottarga di muggine (tanto per essere campanilisti, il resto del pane era di Triora!)
L'ultima foto mi ha davvero fatto sorridere :)


mercoledì 15 aprile 2009

Auguri in ritardo (e una fetta di pastiera!)


Decisamente in ritardo, volevo fare gli auguri a tutti, ma proprio tutti, non solo di Buona Pasqua ma di buona primavera! Strano, ma non accuso nemmeno un po' della fiacchezza stagionale che il cambio di stagione spesso provoca...anzi! Voglia di muoversi, vedere gente, fare cose. Sarà la corsetta serale (vediamo per quanto mantengo i buoni propositi) che fa salire l'adrenalina?Come ogni anno, più le ore di luce aumentano, più mi scopro attenta alla realtà che mi circonda e vedo il bello di molte cose (e persone). Forse nella vita precedente ero una lente fotografica? Sarò innamorata? :)

Pur essendo piuttosto sommersa dal lavoro, la voglia di cucinare si trova sempre, forse per rievocare tutto il mare di profumi con cui la primavera ci avvolge. Cannella, vaniglia, agrumi, fiori d'arancio...cosa c'è di meglio? Ok, ok, il merito è anche di Salvatore De Riso, che qualche sabato fa mi ha fatto rivalutare la pastiera proponendone varianti molto interessanti, e soprattutto spiegando alla perfezione il procedimento tradizionale. Nell'immaginario comune questo dolce è sinonimo di pesantezza e stucchevolezza (tutti quelli a cui l'ho chiesto, giuro!), oltre che di gusto di festa e di sud. In rete, si trovano infinite versioni di questo dolce, ma tra una e l'altra spesso c'è un abisso di differenza nelle proporzioni tra gli ingredienti. E quale sarà mo' quella "vera"? Non me ne vogliano i napoletani doc, ma a questo punto mi sento di proporre la "mia" versione, ispirata dalla bravissima Tuki e ovviamente dal citato De Riso. Il risultato è certamente meno ricco della versione più classica, ma al palato (il mio, eh!) mi sembra più gradevole, forse perchè non sopporto i dolci TROPPO dolci. E poi, perchè farla solo a Pasqua? E' così buona, e si presta ad un sacco di varianti. E se la trasformassi un un dolce al cucchiaio? To be continued....


Pastiera 
grano cotto 400g
latte intero 100g
ricotta fresca di pecora 100g
ricotta fresca vaccina 300g
uova grandi 3
canditi (arancia e cedro) 80g
crema pasticcera alla vaniglia (la vostra ricetta abituale)100g
zucchero 230g
essenza naturale di fiori d'arancio
cannella (mezza stecca più polvere)
scorza d'arancio e limone (usare quelli non trattati)
vaniglia, mezza bacca

pasta frolla (la vostra ricetta preferita, io ho usato questa)


Preparare in anticipo la pasta frolla, dopo il riposo di 2 ore stenderla nello stampo scelto per la pastiera (spessore 0,5cm circa). Tenere da parte gli avanzi di pasta per la griglia, magari già stesi in 8-10 strisce larghe un paio di cm. Riporla in frigo a riposare. Nel frattempo preparare il ripieno: mettere su fuoco basso il grano assieme al latte, 30g di zucchero, la bacca di vaniglia aperta e tutti suoi semini, 10g di burro, mezza stecca di cannella. Non appena bolle, spegnere e lasciar riposare in infusione con tutti gli aromi, fino a che sia a temperatura ambiente. Il grano assorbirà parte del latte. Preriscaldare il forno a 170°.
A parte, mescolare i due tipi di ricotta e le uova con una frusta, aggiungervi lo zucchero e la crema pasticcera fredda. Quando è omogeneo, aggiungere i canditi a pezzetti piccoli, un cucchiaino di cannella in polvere, la scorza grattata di mezzo limone e mezza arancia, 3 gocce DI NUMERO di essenza di fiori d'arancio (nel caso usiate l'acqua di fiori d'arancio, che è molto più diluita, aumentare la dose ad un cucchiaio). Attenzione a questo punto, perchè l'aroma è gradevole ma se si esagera sovrasta ogni altro sapore. Unire il grano (dopo aver eliminato le stecche intere di cannella e vaniglia) alla crema di ricotta, mescolare bene e versare quasi a filo del bordo nel guscio di frolla. Se avanza un po' di ripieno si possono fare delle mini pastierine con gli stampi da tartelettes, oppure...mi verrà in mente qualcosa.
Ricoprire con una griglia di strisce di pasta incrociate, saldandole bene ai bordi della torta.
Infornare quando il forno è a temperatura, ventilato, per circa 40 minuti. Il ripieno deve risultare color miele, la frolla dorata. Lasciar freddare nello stampo e aspettare un giorno prima di papparsela, magari con una leggera spolverata di zucchero a velo.

martedì 14 aprile 2009

Sole. Amici. Pasquetta

Dopo una settimana e più di silenzio, dovuta ai recenti avvenimenti in Abruzzo che mi hanno decisamente stretto la mente, il cuore e  lo stomaco, un rapido flash su una splendida giornata di riposo, pace e cazzeggio al sole di Varazze. La prima dopo parecchio tempo.

venerdì 3 aprile 2009

Chi fa da sè, (non) fa per tre! - I croissant


Qualcuno diceva "Impossible is nothing". Qualcun altro invece sosteneva che la cucina "casalinga" ha dei limiti, in primis di tempo. E nel frattempo mi rendo conto di quanto il tempo, in cucina ma non solo, sia una delle cose più preziose, se usate bene. E di quanto i risultati si vedano (e si gustino!), se il tempo è stato usato bene e si è messa cura e passione in ciò che si fa. E pur dovendo sottostare, nella vita e nel lavoro, ai ritmi forsennati a cui quasi tutti siamo abituati, sento di essere sempre più insofferente a tutta questa frenesia che ci sta facendo diventare sempre più simili a tanti robottini. Bah, che pensieri Kavafissiani...

Tutto ciò per dire che, in alcune preparazioni che prima consideravo impossibili da riprodurre a casa, basta solamente ritagliarsi qualche oretta e, soprattutto, imparare ed ascoltare dagli altri (e per questo benedico Internet, per mezzo del quale ho appreso più cose che da qualsiasi altra fonte). Da sola, certo, non mi sarei mai sognata di mettermi a sfornare croissant. Ma se, casualmente, quasi nello stesso periodo, Paoletta e Fanny pubblicano e spiegano alla perfezione il procedimento, beh, questo croissant s'ha da fare!
La differenza che però mi è saltata agli occhi tra le due era la percentuale di burro: decisamente bassa in un caso, più simile alla classica pasta sfoglia (che non è lievitata come invece accade qui) nell'altro. E quindi, come spesso accade, ho integrato le due versioni: ricetta di Fanny (quella con meno burro, ho dovuto aggiungerne davvero poco per coprire bene l'impasto!), farine e procedimento da Paoletta. Alveolatura fitta e interno soffice...direi che quelle ci sono! La prossima volta però starò più attenta a non tirare troppo la punta dei croissant mentre li arrotolo, perchè 2 si sono spezzate durante la cottura. Comunque, in definitiva, buona la prima!


Croissant
farina 00 250g
manitoba 250g
malto 1 cucchiaino da caffè
burro 40g
zucchero 80g
acqua 190ml
latte 35ml
fior di sale 3g
lievito di birra fresco 15g

burro per il tourage 110g
uovo sbattuto e zucchero per spennellare

Lasciare fuori dal frigo il burro per il tourage per mezz' ora. Nel frattempo iniziare a preparare l'impasto lievitato di base: sciogliere il lievito sbriciolato nell'acqua con lo zucchero, mescolare tra loro la farina 00, la manitoba, il malto ed il fior di sale. Versarci poco a poco l'acqua col lievito, il burro fuso e tiepido. Impastare con energia (per chi ce l'ha, in planetaria!) per 5-10 minuti in modo da ottenere un impasto soffice e non appiccicoso. Coprire e lasciare a lievitare in luogo tiepido fino al raddoppio di volume (il mio ci ha messo circa 2 ore). Porre tra due fogli di pellicola il panetto di burro, stenderlo più sottile possibile col mattarello ottenendo un rettangolo. Conservarlo in frigo fino all'uso.
Tutto il procedimento che segue è fotografato dalla maestra Paoletta, ed a me è stato utilissimo per capire i "giri". Al termine della lievitazione, riprendere l'impasto e sgonfiarlo, stendendolo sulla spianatoia (è piuttosto elastico quindi tende e ritirarsi, ci vuole un po' di pazienza) in un rettangolo stretto e lungo e spesso poco meno di 1 cm. Appoggiarvi sopra la sfoglia di burro, che deve ricoprire i 2/3 del rettangolo di impasto, lasciando un piccolo bordo. Sollevare il lato di impasto non imburrato e ripiegarlo sul centro, poi sollevare l'altro lato (imburrato) e richiudere anch'esso sul centro, in modo da ottenere un pacchetto rettangolare che abbia l'apertura a destra (guardate come è fatto un portafoglio a tre falde, è esattamente lo stesso concetto!) Fasciare il pacchetto in pellicola e riporlo in frigo per almeno un'ora, meglio due. Riprenderlo, disporlo di fronte a sé sulla spianatoia SEMPRE con l'apertura a destra, ristenderlo sulla spianatoia in un rettangolo alto e stretto (non rigirarlo come quando si stende la frolla o altri impasti). Ripetere la piega a tre come prima, piegando verso il centro la falda bassa e poi quella alta. Rifasciare il pacchetto e far riposare un'altra ora. Ripetere il procedimento altre due volte, con riposi di mezz'ora.

Stendere per l' ultima volta il rettangolo alto e stretto, ritagliare con una rotella circa 10 triangoli isosceli (si vede bene nelle foto di Paoletta), fare un taglietto di 1 cm alla base di ognuno. Arrotolare ben stretto ogni croissant partendo dalla base, cercando di allungare con le mani il triangolo per ottenere più giri possibile.Terminare con la punta sotto il croissant, piegare verso il centro i due cornetti laterali. Far rilievitare un'oretta, (o congelare subito), quando saranno quasi raddoppiati di volume spennellare di uovo battuto e zucchero (1 cucchiaino scarso per ogni croissant, che avendo poco zucchero nell'impasto ha bisogno di una bella crosticina dolce) e infornare in forno caldo a 200° statico, poi dopo i primi minuti abbassare a 180°, magari accendendo il ventilato alla fine per dorare e asciugare la superficie dei croissant. Il profumo che si spanderà per la casa è veramente spendido! Il giorno dopo sono ancora buonissimi.