Che mica di solo glucosio vive l’uomo (me esclusa, in alcuni periodi). A volte mi chiedo se chi legge i miei giornali di bordo non pensi davvero che mi nutra essenzialmente di cakes, panne cotte, tartes e tartelettes o che sottoponga a regime forzato amici e parenti, novella Bree Van de Kamp che bussa col vassoio di muffin.
Preciso che non ho assolutamente nulla contro le sterminate varietà di verdura, pesce, carni, cereali e latticini che stazionano settimanalmente all’interno del mio frigo. Anzi, la mia curiosità e conoscenza in cucina si è sempre mossa a 360 gradi tranne per alcuni blocchi storici che col tempo supererò, vedi trippa e simili.
Adoro qualsivoglia tipo di verdura e frutta, ovviamente acquistato con buon senso (stagionalità e provenienza).
Stravedo per i formaggi, tanto che la follia momentanea sarebbe quella di seguire finalmente un buon corso in merito.
Legumi e cereali, ne ho un campionario in dispensa e li amo incondizionatamente, al pari o più della pasta.
Carne decisamente sì, anche se negli ultimi anni sto rivedendo molto criteri e luoghi di acquisto.
Pesce… tasto dolente per una genovese. Mi piace mangiarlo ma decisamente meno pulirlo. Poi provate voi a togliere l’odore della cottura d’intorno, quando la vostra casa non ha praticamente porte.
Ma i dolci, i dolci, deliziosamente futili e da consumare con moderazione all’interno della dieta mediterranea che da un decennio ci recitano a destra e manca, meritano un discorso a sé, abitano un mondo a sé. Non per niente, a quanto ne so, non è mai corso buon sangue tra cucinieri e pasticcieri… o forse è solo una leggenda. Trionfi del vezzo e della gola, relegati all’ultimo posto dei menù con le solite, banali proposte oppure tronfi protagonisti (mai sentito di un certo Espai Sucre?), miracolo di centinaia di preparazioni diversissime partendo sempre dagli stessi pochi ingredienti, cruccio per gli stoici che resistono perennemente a dieta. Posso rinunciare a tutto tranne che al superfluo, quante ne sapeva Wilde. Un paragone terra terra: non sono il tipo che girando per vetrine si sofferma a scrutare il nuovo modello di casco per la moto, o l’aspirapolvere più turbopower, o quella tv al plasma così grande, no! Scarpe, chincaglierie di ogni genere, vestiti, facce, colori, abbinamenti, textures, forme e design… insomma tutte cose che accalappiano lo sguardo, per la maggior parte inutili, ovviamente. Ecco, i dolci sono il mio indispensabile superfluo che riempie gli occhi e vizia il palato, per i quali ho deciso che valeva la pena buttarmi in un blog; anche in questa eccezione sono riuscita ad infilare pera e liquirizia, che assieme al porro fanno da contrappunto al salato dei formaggi.
Sformatino di miglio, caprino e pera (per 4-5 porzioni)
miglio decorticato 100g
caprino fresco (di solo latte di capra, sembra ovvio ma non è) 80g
pecorino sardo 1 cucchiaio raso
pere conference 2 (o altre piccole, sode e dolci)
uova 1
porri 2
liquirizia in polvere (meglio la radice da grattuggiare)
zucchero
Portare a cottura il miglio anche a seconda delle indicazioni del produttore; io l'ho fatto leggermente tostare in poco olio, poi coperto con il doppio del suo volume in acqua salata. Dopo 10-15 minuti di sobbollitura, l'acqua dovrebbe quasi tutta essere assorbita, se così non fosse lasciarlo ancora qualche minuto su fuoco spento (non troppo perché si rischia di far disfare i chicchi, al limite scolarlo come fosse riso). Passarlo sotto l'acqua fredda per fermare la cottura.
Far saltare in padella i porri tagliati a rondelle con poco olio (conservare 4 o 5 foglie esterne di porro, tagliate in lunghezza, da sbollentare 2 minuti) aggiungere poi un fondo d'acqua, abbassare il fuoco e mettere il coperchio per farli stufare, aggiustare di sale.
A parte, lavorare il caprino a crema con l'uovo, parmigiano, sale e pepe (magari un pepe aromatico, io ho messo quello Sichuan). Unire il miglio al composto di caprino, assieme a due cucchiai dei porri cotti e frullati. Ungere bene gli stampini cilindrici (io avevo gli anelli per mousse in acciaio) per la cottura ed aggiustarvi all'interno i nastri di foglie di porro, coprendo più superficie possibile. Versarvi all'interno il composto e pressarlo bene. Cuocere in forno ventilato a 180° fino a che siano asciutti e leggermente coloriti in superficie.
Nel frattempo, ottenere dalle pere 4 o 5 dischi con la buccia da passare in padella con un cucchiaio di zucchero ed una nocina di burro, facendoli ammorbidire e "caramellare". Conservarli a parte. Gli avanzi delle pere. sbucciati e tagliati a pezzi, saranno saltati 2 minuti nella stessa padella, senza aggiungere altri condimenti, e poi frullati col minipimer assieme ad un cucchiaio scarso di porri. Passare al passaverdura per eliminare eventuali pezzetti.
Estrarre gli sformatini lasciati intiepidire dagli stampi (caldi potrebbero essere ancora un po' a rischio distruzione). Servire lo sformatino appoggiato sulla salsa alle pere e coperto da un disco di pera. Grattuggiare la liquirizia a piacere sul piatto finito.
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